Quando le ONG italiane ed altre istituzioni rubarono 70 milioni di Euro che gli italiani donarono per i Kosovari (Missione Arcobaleno 1999)
La missione Arcobaleno fu un'iniziativa di solidarietà italiana per aiutare i profughi kosovari in fuga dalla regione nel 1999. La base arcobaleno era a VALONA.
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Da "Umanità Nova" n.4 del 6 febbraio 2000
Un Arcobaleno di vergogna
Sembra impossibile ma tutte le volte che qualche branca dello stato viene colpita in fallo (e capita spesso...) scatta la famosa frase: "La colpa è di poche mele marce che vanno eliminate ma nel complesso l'istituzione è sana!". Cambia il colore dei governi ma la difesa di uficio rimane sempre la stessa: colpire alcuni pesci piccoli, individuati come capri espiatori, per salvare i veri responsabili politici.
Lo scandalo della "Missione Arcobaleno" è un esempio da manuale di questo cialtronesco, ma purtroppo efficace, sistema di difesa. Come forse pochi ricordano lo scandalo inizia nell'agosto quando il settimanale tedesco "Bild" denuncia che nel porto di Bari giacciono centinaia di contenitori pieni di aiuti umanitari raccolti per i profughi del Kosovo. Dai contenitori fuoriescono liquidi maleodoranti, segno che il materiale in essi contenuto è ormai da buttare. Di fronte alle critiche che piovono sulla missione Arcobaleno, tanto sbandierata durante la guerra per il Kosovo, D'Alema ha la faccia tosta di sostenere che "nella gestione (della missione) c'è stata una linearità assoluta". Con l'ipocrisia che lo contraddistingue D'Alema si dice anche "addolorato" per le polemiche "faziose". Il "dolore" del primo ministro diessino non impedisce che lo scandalo divampi: la Protezione civile è costretta ad ammettere che sui 2.300 contenitori movimentati durante la missione Arcobaleno, solo poco più di un migliaio erano effettivamente arrivati ai profughi kosovari deportati in Albania. Dei 1.300 persisi durante il viaggio, 300 erano stati bloccati dalle autorità albanesi, 200 erano stati rispediti in Italia per non meglio identificati "problemi logistici" e almeno 915 erano ancora giacenti nel porto di Bari. Insomma la Protezione civile ammetteva che circa il 60% del materiale umanitario raccolto per i profughi non era arrivato a destinazione. Una vergogna che avrebbe dovuto costringere alle dimissioni il responsabile della Protezione civile ma anche il ministro degli Interni. Invece l'arroganza del potere non ha limiti e il professor Barberi e l'onorevole Iervolino rimangono saldamente al loro posto, difesi da D'Alema che il 7 settembre durante una visita a Pristina definisce quello della "missione Arcobaleno" uno "scandalo inventato". Nei gironi successivi, Barberi e Jervolino passano al contrattacco snocciolando la solita ridda di cifre che nessuno potrà mai controllare. "Le perdite della merce nella missione ammontano all'1% degli aiuti movimentati" dichiara Barberi, mentre la Jervolino sostiene che la missione è stata "una cooperazione sinergica condotta nella trasparenza più assoluta".
L'offensiva propagandistica non convince la magistratura barese che inizia le indagini che trovano nuova linfa nel video diffuso da "Panorama" il 23 settembre, realizzato da nascosto da un volontario italiano nel campo di Valona, il fiore all'occhiello della missione. Come è noto, il filmato documenta il saccheggio sistematico del campo sotto gli occhi dei poliziotti italiani e dei responsabili della protezione civile. Il 25 settembre Barberi contrattacca: "le insinuazioni del settimanale sono un vergognoso falso". La Jervolino, dal canto suo, è costretta a nominare la rituale commissione d'inchiesta. Nel vortice dello scandalo si viene a sapere che la missione ha gestito donazioni private pari alla bellezza di 128,7 miliardi di lire oltre ad una massa enorme di beni strumentali di cui nessuno conosce l'esatta entità. Le pressioni politiche perché l'inchiesta della magistratura venga archiviata devono essere notevoli, ma i giudici di Bari non mollano e in ottobre comunicano che le indagini proseguono seguendo la pista degli aiuti spariti dal campo di Valona prima del suo abbandono da parte degli italiani.
Il resto è storia recente. Il 20 gennaio vengono arrestati il responsabile della "missione Arcobaleno", il responsabile del campo di Valona e un suo uomo di fiducia, una funzionaria della Protezione civile. L'accusa è quella di aver lucrato sugli aiuti. Il 21 gennaio Barberi esprime tutto il suo sdegno e il suo stupore di fronte agli arresti. Una persona seria ne avrebbe tratto una sola conseguenza: le dimissioni. Non Barberi che dichiara: "Non abbandono la nave". Un vero eroe. Anche D'Alema è costretto ad incassare il rutto colpo, ma con la solita ipocrisia (che non lo abbandona mai...) il 27 gennaio dichiara al Senato che l'azione del governo è improntata all'"efficienza e alla trasparenza" e che si farà quanto necessario per isolare gli "episodi di corruzione" e "bloccare i meccanismi che li hanno favoriti".
Come si vede la "missione Arcobaleno", strumentalmente inventata e sfacciatamente propagandata dal governo italiano per mostrare il suo volto "buono" e nascondere il ruolo che l'Italia aveva nelle operazioni militari, si è dimostrata una porcheria:
- gran parte degli aiuti umanitari non sono mai arrivati ai destinatari;
- i responsabili italiani si sono macchiati di ignobili complicità con loschi individui della mafia albanese;
- la gestione di risorse notevoli stata affidata ad individui senza scrupoli, miserabili avventurieri, che hanno cercato di approfittarne per incrementare i loro conti in banca.
D'Alema, Jervolino, Barberi non possono tirarsene fuori: i veri responsabili della vergogna sono loro che hanno cercato fino all'ultimo di coprire tutte le schifezze che si sono compiute sulla pelle dei profughi kosovari.
La magistratura sta indagando sulle malefatte della "Simonelli & C.", ma perché non si indaga sul migliaio di contenitori lasciati a marcire a Bari?
Perché non si indaga su come sono stati gestiti i circa 100 miliardi di fondi pubblici destinati alla missione?
A. Ruberti
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articolo pubblicato sul corriere della Sera nel 2000
• Cinque milioni di italiani hanno versato oltre 130 miliardi di lire ( 70 milioni di Euro) in favore della missione Arcobaleno, creata per aiutare i profughi kosovari scappati in Albania
Dove sono finiti ?
• In seguito allo scandalo dei container abbandonati nel porto di Bari e al video sul saccheggio del 10 luglio ’99 al campo profughi di Valona (girato dal cuoco albanese Vladimiro Duro e distribuito da ”Panorama” a settembre), la procura di Bari ha aperto un’inchiesta su presunti illeciti commessi nell’ambito della Missione.
• La Corte dei Conti sta indagando sui 130 miliardi inviati dai cittadini; la procura di Bari sui 914 container rimasti abbandonati per mesi su una banchina del porto di Bari; quella di Ragusa sulla gestione del campo di accoglienza di Comiso; quella di Perugia sulla gestione del dopo-terremoto in Umbria e nelle Marche. Giorni fa la Procura di Nocera (Salerno) ha aperto un fascicolo sulle attività svolte dalla Protezione civile dopo l’alluvione di Sarno, nel maggio 1998.
• La procura di Bari ha aperto anche un’indagine conoscitiva sul saccheggio del campo di Kukes 1, abbandonato dagli italiani i primi di agosto del ’99, e ha messo sotto osservazione le attività dei campi di Kukes 2, Rushbul, Shihak.
La Missione arcobaleno non era solo lo stoccaggio dei container ma anche i soldi raccolti dagli italiani per aiutare i kosovari e che poi le varie ONG e le varie istituzioni hanno fatto sparire.
http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerArticolo.php?storyId=5825f9bc1d583
http://www.ecn.org/uenne/archivio/archivio2000/un04/art0931.html