Anche la comunità arbëreshë di Casalvecchio di Puglia ha paretecipato alla “Valles së fitores”, la “danza della vittoria”, che ricorda il 550.mo anniversario dell’ultima grande vittoria di Giorgio Castriota Skanderbeg, il grande condottiero, eroe nazionale albanese, che il 27 aprile 1467 liberò dall’assedio la città di Kruja, battendo e costringendo ad una fuga precipitosa l’esercito ben più potente ed attrezzato del sultano Maometto II.
La delegaziuone del piccolo centro subappenninioco era guidata dal sindaco Noè Andreano; c'erano anche rappresentanze di Lungro (Cosenza) e San Marzano di San Giuseppe (Taranto).
Elida Jorgoni in Albania, e Pirro Qendro, che risiede a Bologna, in collaborazione con il giornalista foggiano Loris Castriota Skanderbeg, discendente del grande eroe, hanno organizzato una visita che si è articolata su più giorni e in diverse città storiche albanesi.
I “cugini” albanesi hanno potuto mettere a confronto la lingua, le tradizioni, i canti e i balli popolari ma, soprattutto, le forti emozioni di chi rivede una parte di “famiglia” dopo decenni -in questo caso, secoli- di forzata separazione.
Sempre seguiti dalle maggiori testate giornalistiche nazionali e locali, gli arbëreshë hanno visitato prima Kruje, dove hanno ballato la “Danza della Vittoria'” con tanti cittadini in costume, nel cortile del Castello che fu dimora di Skanderbeg e oggi ospita un museo dedicato alla storia dell’eroe, oltre che a quella più antica del Paese.
Il giorno dopo, tappa a Lezhë, dove gli italo-albanesi sono stati accolti dal sindaco Fran Frrokaj, unica autorità pubblica a sostenere economicamente l’iniziativa e ad assicurare l’accoglienza istituzionale, grazie all’impegno del responsabile del settore culturale del Comune, Paulin Zefi.
La cerimonia solenne di accoglienza si è svolta nel Mausoleo di Skanderbeg: un monumento costruito attorno ai ruderi dell’antica cattedrale di San Nicola che ospita la tomba del grande guerriero. Tomba, però, vuota, perché quando i Turchi conquistarono la città, aprirono il sepolcro per saccheggiare le singole ossa di Skanderbeg e farne amuleti, con l’illusione di ricavarne forza, coraggio e sapienza militare. Subito dopo, davanti al mausoleo, albanesi ed arbëreshë si sono uniti per cantare insieme canzoni antiche che appartengono alla comune tradizione.
Nel pomeriggio, i 60 ospiti si sono trasferiti a Scutari, splendida città del nord, storicamente cresciuta sotto l’influenza culturale e anche politica ed economica (fino alla conquista ottomana) dell’Italia e di Venezia in particolare. Anche qui, splendida accoglienza, coordinata da Mirsad Basha, attivista di una associazione culturale locale, con numerosi scutarini in costumi tipici di diverse prefetture dell’intera Albania, ma anche del Kosovo.
Tantissimi i cittadini che si sono assiepati in piazza per vedere i loro “parenti” d’oltremare e festeggiarli con gioia, balli, canti e tanto clamore, al grido di “Rroftë Skenderbeu” (Evviva Skanderbeg) e “Rroftë Shqipëria” (Viva l’Albania).
Poi, visita al grandioso Castello di Rozafa, la storica fortezza albanese mai espugnata, che fu l’ultima ad arrendersi all’invasione ottomana, solo in virtù di un trattato tra i Veneziani che controllavano la città e i soldati del sultano che da tempo assediavano vanamente le mura fortificate.
Nell’ultima giornata, i gruppi arbëreshë hanno visitato il Castello di Lezha, anche questa bellissima fortificazione situata sulla cima del monte che sovrasta la città, poi Kepi i Rodonit, promontorio sul mare che ospita la chiesa del XII secolo di Shën Anton con le rovine del monastero omonimo e il castello in rovina che ospitò Skanderbeg in luna di miele ma fu, soprattutto, porto fortificato del grande eroe.
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